...Cosa vuol dire essere uno scrittore ce lo spiega Murakami…

La pioggia è un ottimo pretesto per leggere e scrivere, così oggi vi parlo del nuovo libro di Murakami: Il Mestiere dello scrittore ( Einaudi, 2017 ). 
Un argomento che a me sta molto a cuore, che decido di aprire con questo frammento:

Quando si cerca di entrare in un campo che non è il proprio, qualunque esso sia, non si è visti di buon occhio dalle persone che vi appartengono, e che tendono a impedirne l’accesso, come i globuli bianchi cercano di eliminare dal corpo i microorganismi estranei. Poi queste stesse persone finiscono per accettare tacitamente chi insiste imperterrito e ammetterlo tra i propri ranghi con l’aria di dire - Cosa ci possiamo fare? - ma per lo meno all’inizio sono molto diffidenti. Più un campo è ristretto, specialistico e prestigioso , più l’orgoglio e l’esclusivismo sono forti e cresce al resistenza ad accogliere gente nuova.  Murakami - Il mestiere dello scrittore. (p.5) 

Diventare  uno scrittore quindi, non è cosa facile, ma cosa ancora più  difficile, è restarlo. Perché quasi tutti possono scrivere un bel romanzo, ma pochi riescono a rimanere nel club come scrittori affermati. Murakami ha scritto il suo primo romanzo a 30 anni, e poi grazie a un premio per scrittori esordienti non ha più smesso. Nonostante le critiche, i premi mancati e  i commenti infelici, ci insegna che spesso non vincere un premio non deve essere motivo per abbattersi, quanto un motivo  per costruirsi un riconoscimento che dipende solo dal proprio valore e non dall’attribuzione di un premio letterario, il che, non è poco. 

Ma cosa serve per essere uno scrittore?

1. L’originalità,  che è la cosa che permette di essere letti sempre, di distinguersi e riconoscersi in mezzo alla troppa scelta. Lui originale lo è stato fin da subito, sovvertendo il sistema fin dall’inizio non ha seguito lo schema dello studio- lavoro- matrimonio, ma al contrario si è sposato, ha trovato lavoro e poi si è laureato. Così è stato anche per il suo stile : scrive in inglese e poi traduce tutto in giapponese, ecco perché i suoi libri sembrano scritti con uno stile da “ lingua tradotta” perché effettivamente lo sono. In questo modo però è riuscito a crearsi uno stile che è solo suo.

2. Attenzione ai dettagli.  Cosa scrivere? cosa bisogna scrivere? Lui, da lavoratore in un bar per più di 10 anni, ci spinge a prestare attenzione ai dettagli, quelli inconsueti, interessanti, scollegati tra loro per trovare  ottimi punti di partenza di una storia che può diventare un grande romanzo.

3. Tempo. Una storia  va scritta giorno dopo giorno. Dove il giorno inizia con una tazza di caffè, una scrivania e quattro o cinque ore di scrittura senza sosta. Secondo Murakami non c’è un tempo per scrivere il romanzo, un romanzo viene da sé, come una forza interiore che ci spinge a scrivere.

4. Spontaneità. Lui infatti non scrive su commissione, ma solo in base alla sua spontaneità

5. Solitudine. Lo scrittore è solo. Nel momento in cui si  siede sulla sedia con il suo foglio bianco, inizia un lungo percorso di solitudine che forse, solo alla fine porterà agli applausi. È un percorso con e dentro se stessi che solo con se stessi può finire, nel bene o nel male.

6. Perseveranza è infine,  forse la qualità che più descrive questo mestiere dalle tante sfaccettature. Essere uno scrittore vuol dire esporsi, mettersi a nudo, ricevere critiche e silenzi eppure non abbandonare la penna ma andare avanti. Solo chi riesce a perseverare in ciò che crede, può fare della scrittura un mestiere. Un mestiere che si inizia scrivendo per se stessi e poi per gli altri, che con lui ci credono.




Il mestiere dello scrittore / Murakami Haruki
Einaudi, 2017
pag. 186

Commenti